"No al numero chiuso", la richiesta dell'Udu
Il numero chiuso potrebbe presto scomparire! E' quanto sostiene l'L’UDU Palermo – Unione degli universitari che ha convocato una conferenza stampa per discutere del provvedimento cautelare del Tar Lazio nei confronti dell’Università Statale di Milano con il quale ha sospeso tutti i provvedimenti istitutivi del numero chiuso locale in diversi corsi di studio di area umanistica e del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, che ha sospeso tutti i decreti ministeriali relativi all’autovalutazione, valutazione ed accreditamento, nonché quelli che costringevano le università ad imporre la programmazione locale a causa della numerosità e quindi del rapporto docenti-studenti.
Questo provvedimento cautelare, proprio perchè avente ad oggetto dei decreti ministeriali validi in tutta Italia, avrà delle ripercussioni anche in tutti gli altri Atenei italiani che, al pari di Milano, impongono il numero chiuso locale in corsi di studio che non presentano i requisiti richiesti dall’art. 2 della legge 264/1999.
L’Università degli Studi di Palermo ha ancora 39 corsi a numero programmato locale. Tra questi qualcuno presenta un numero di richieste inferiore rispetto al numero di posti messi a bando, mentre altri presentano un numero di richieste enormemente elevato rispetto al numero di posti. Studenti che sono già immatricolati in un corso di studi dell’Ateneo ritentano a settembre di entrare nel corso di studi preferito.
"A Palermo - ha dichiarato coordinatore Fabrizio Lo Verso - riconosciamo all’amministrazione d’Ateneo la volontà di percorrere la strada che porta sempre più verso l’apertura dei corsi di studi, dimostrata con l’aumento dei corsi ad accesso libero e, di conseguenza, degli immatricolati. Tuttavia, nella maggior parte dei casi ci si è limitati ad eliminare la programmazione di quei corsi di studio per i quali il numero dei candidati era inferiore al numero dei posti disponibili, evitando di fatto solamente la formalità del test d’ingresso: una scelta razionale ma oggi non più sufficiente".
La richiesta è quella di lanciare un segnale forte a tutta l’Italia, ritirando tutti quei provvedimenti che – se impugnati davanti ad un giudice – verrebbero considerati illegittimi e lesivi del diritto allo studio di centinaia e centinaia di studenti.